Chiunque dal cuore buono, nella sua vita si sia preso cura di un animale, conosce la sofferenza causata ad esempio dalle morti canine. Siate veramente buoni con tutti gli animali e le piante perché sono il vostro stesso Sé, date loro da mangiare cibo santificato (si, anche agli alberi), instillate nella loro bocca e sul muso o la testa, acqua del Radha Kunda, prima della loro morte, così avranno un futuro radioso e non sarete più attaccati alla forma ed attributi materiali dell’animale che avete conosciuto ma a quella di una grande personalità entrata nelle grazie di Srimati Radharani, perché chiunque si bagni in quell’acqua, diventa molto caro a Radharani e quindi a Krishna stesso. C’è un’altra cosa da considerare: il caso non esiste! Chiunque entri in contatto con noi e viceversa, è perché ha avuto una relazione con noi e noi con loro, nel corso di una vita passata. Il saggio dovrebbe considerare i cammelli, le scimmie, i topi, i rettili, gli uccelli e le mosche come se fossero suoi figli perché cos’è che li distingue da essi?
Se andate in pellegrinaggio in Bharata (vero nome dell’India), riempite una boccetta con quell’acqua perché è veramente preziosa. Chi ha cuore ed orecchie per intendere, intenda.
Nel corso di un colloquio sulla giusta condotta, tra Narada e Yudishtira, venne portata ad esempio la storia del Re Bharata che si era affezionato al daino, sottolineando come la virtù sia all’origine della compassione che però lega comunque agli oggetti dei sensi, che sono illusori.
Nello Srimad Bhagavatam o Bhagavata Purana, si narra che un giorno il Re Bharata si trovò per circa due ore e mezza sulle rive di un fiume, ripetendo la sacra sillaba OM. Ad un certo punto una femmina di daino gravida, tutta sola, si avvicinò per bere l’acqua. Poco lontano, un leone ruggì e la femmina di daino si spaventò e fece un balzo al di là del fiume e così facendo ebbe un parto prematuro ed il suo cucciolo che aveva in grembo, cadde nel fiume.
Re Bharata salvò il piccolo daino orfano della madre, dal fiume e lo portò al suo eremitaggio.
Re Bharata prese sotto la propria protezione il piccolo e nel tempo sviluppò attaccamento per il daino orfano. In altre parole, il cuore di Re Bharata rimase vincolato con le funi dell’amore, al daino.
Mentre la sua mente era impegnata nel pensiero di nutrire e proteggere il giovane animale, l’ora della morte arrivò per Re Bharata ma anche nel momento di lasciare il corpo, il Re, che aveva accanto a sé il daino che si stava lamentando come un figlio, non smise di essere concentrato sull’animale.
Come risultato, Re Bharata ottenne esattamente quel corpo di daino nella sua successiva incarnazione, conservando però memoria della sua vita precedente. Re Bharata abbandonò quindi sua madre (una daina) per andare in un eremitaggio in cui vivevano eremiti naturalmente dediti all’autocontrollo, in attesa di esaurire il karma responsabile della sua nascita come daino.
Giunta l’ora della morte, Re Bharata abbandonò quella forma di daino, immerso parzialmente nell’acqua di un fiume sacro e rinacque in una famiglia virtuosa, come maschio di una coppia di gemelli, partorito dalla moglie più giovane, di un Brahamana.
Ricordando di quando nella forma umana si era attaccato ad un piccolo daino rinascendo come daino, temendo la caduta attraverso l’attaccamento alla famiglia, Re Bharata si mostrò al mondo come un individuo folle, stupido, cieco e sordo, mentre nella sua mente teneva stretti i Piedi del Signore.
Il padre di Bharata, che ricordo era un Brahamana, fece di tutto per insegnare al figlio ma non ci riuscì quindi anche i fratelli di Bharata, smisero di fare sforzi in questo senso. Quei Bramini consideravano la conoscenza dei tre Veda e la corretta esecuzione di riti come la conoscenza più alta quando invece è la conoscenza del Sé ad essere in effetti suprema.
Come un gioiello prezioso viene oscurato dalla polvere che ha accumulato, il giovane veniva insultato dagli uomini, ignoranti del suo valore e che lo definivano come figlio di un Bramino soltanto di nome.
É del tutto naturale che un cuore buono, si prenda cura di un essere indifeso, come ad esempio un cane. L’alchimia è farlo nella maniera migliore.