Nessuno possiede nulla, tutto appartiene a Dio, cosa mai potremmo offrire noi a Lui che già non sia Suo? Tuttavia, quanto offerto per amore a Dio, viene da Lui accettato. Per non essere ladri, dovremmo prendere solo l’indispensabile che ci viene dato dalla provvidenza.  Cercare gli avanzi di cibo lasciati dai saggi dal cuore legato a Dio, permette di guadagnare il bene più prezioso: l’amore per Dio. Sapendo questo, chi non desidererà tali avanzi di cibo?

Adesso, la storia di Re Ambarisha.

Nonostante avesse ereditato il dominio dell’intero globo ed una inesauribile riserva di ricchezza che gli apportava sconfinati lussi, Re Ambarisha considerava tutte quelle cose come oggetti visti in un sogno, sapendo che la ricchezza è transitoria, benché agli occhi delle persone comuni, apparissero ed appaiano come cose estremamente preziose. Il saggio sa bene che, come una massa di nuvole nel cielo, questo mondo è un sogno, un’immaginazione, una fantasia sovraimposta su Dio, che dimora in tutti gli essseri e che appare come diverso, con innumerevoli nomi e forme. Tutti sono soggetti al controllo del Signore, anche i propri cari, come l’incontro di viaggiatori in un luogo dove viene fornita l’acqua a coloro che vi transitano.

Ambarisha bramava le offerte fatte al Signore, con il solo scopo di sviluppare attaccamento per Lui ed insieme a sua moglie, fece voto di digiuno il dodicesimo giorno della luna calante o crescente conosciuto come dwadasi. In quel giorno, durante il mese di Kartika, dopo aver dato cibo eccellente ai Bramini e con il loro permesso, si accinse a concludere il suo pasto quando improvvisamente apparve di fronte a lui il saggio Durvasa. Tralasciando il suo pasto, il Re onorò il nuovo venuto e lo pregò di pranzare ma questi prima andò a finire la sua pratica devozionale di messogiorrno, bagnandosi nelle acque di un fiume sacro, lo Yamuna.

Re Ambarisha doveva concludere il suo digiuno di dwadasi nelle ore indicate ma considerò inappropriato per ragioni di rispetto verso un Brahama come Durvasa, interrompere il suo digiuno prima del ritorno del saggio, che era stato invitato a pranzo. Consigliato dai Bramini, il Re bevve solo acqua ed aspettò ma al ritorno del saggio, questi venne a conoscere l’azione del Re di interrompere il suo digiuno con dell’acqua e si arrabbiò molto.

Da una ciocca dei suoi capelli, Durvasa creò uno spirito femminile malvagio che era simile al fuoco, per distruggere Re Ambarisha ma questa venne bruciata dal disco Sudarshana che era stato donato al Re dal Signore Vishnu.

Durvasa per salvarsi dal disco divino, corse in tutte le direzioni, ma ovunque scappasse il disco Sudarshana lo inseguiva. Terminò quindi la sua fuga dal Signore Brahama che gli rivelò di essere egli stesso destinato a svanire come tutti gli esseri e l’intero universo e che quindi non era in grado di aiutarlo a scampare la morte causata dal Sudarshana.

Durvasa si recò allora dal Signore Shiva per cercare scampo, ma Shiva gli rispose che il Sudarshana è una arma del Signore Vishnu quindi doveva rivolgersi al Signore Hari per ottenere protezione. Non avendo altra speranza, Durvasa andò a Vaikuntha dove è la dimora del Signore e della sua sposa e si gettò ai piedi di Dio, chiedendo perdono per l’offesa fatta a Re Ambarisha che era un Suo grande devoto.

Il Signore Hari confidò al Bramino Durvasa, che Egli è completamente soggiogato dai Suoi devoti che guardano tutti con equanimità, che gli hanno preso il cuore, che Lo controllarno, Lui che non è attaccato a nulla, né a Sé stesso, né alla Sua eterna sposa, quindi nemeno il Signore Hari poteva salvare Durvasa dal disco Sudarshana e che l’unico modo per Durvasa era quello di chiedere al Re Ambarisha perdono per l’offesa arrecata. Infatti, la forza impiegata contro il giusto, porta danno a colui che colpisce e solamente il perdono chiesto ad una anima elevata, può far ritrovare la pace di mente.

Durvasha ritornò da Re Ambarisha e pieno di dolore gli afferrò i piedi, chiedendogli perdono.

Re Ambarisha, che considerava tutti gli esseri viventi come incarnazioni dell’Essere supremo, che si sforzava a beneficio di tutti anche di coloro che gli avevano fatto un torto, pregò con successo il disco Sudarshana di risparmiare il Bramino Durvasa.

L’imperatore, che non aveva ancora preso il suo pasto nella speranza del ritorno del saggio dal sacro fiume Yamuna, nutrì sontuosamente Durvasa e mangiò i resti del cibo che era stato reso sacro essendo stato mangiato del saggio.

Chiunque reciti e contempli questa sacra storia dell’imperatore Ambarisha, che mangiò i resti del cibo lasciato dal saggio Durvasa, diventerà un devoto del Signore.

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