Disegno rappresentante Shiva e Parvati con il loro figlio Kumara
Disegno rappresentante Shiva e Parvati con il loro figlio Kumara

Ci fu un tempo in cui l’ordine naturale dell’universo venne minacciato da un potentissimo dèmone chiamato Taraka, che grazie alla sua ascesi per scopi non spirituali, aveva ottenuto da Brahama di non essere ucciso da nessuno eccetto che da un bambino di sette giorni o da un dio generato da Shiva.
Shiva però non aveva un figlio ed è qui che inizia la storia d’amore tra Shiva e Parvati.

Sati, significa “vera” o “fedele” ed era una delle figlie di Daksha, Re delle regioni Himalayane. Sati era sposa di Shiva ma questi non era gradito ai genitori di lei, per via degli abiti e monili che Egli indossa: la pelle sanguinante di un dèmone-elefante o i cobra che utilizza come bracciali o anche la sua frequentazione di luoghi come i crematori, le cui ceneri funebri Shiva spalma sul Suo corpo.
Considerando insormontabile impedimento al suo matrimonio con Shiva da parte dei suoi genitori, Sati decise di suicidarsi gettandosi nel fuoco. La sua morte fece infuriare Shiva che nella Sua forma di Virabhadra, decapitò Daksha, facendolo poi resuscitare con la testa di un caprone.
Shiva, tormentato dalla nostalgia di Sati, vagò come un folle per l’universo con il cadavere della moglie sulle spalle fin quando, nel tentativo di porre fine alla pietosa situazione, Vishnu lanciò il Suo disco che divise in pezzi il corpo inanimato di Sati. Le parti che caddero sulla Terra diedero origine a luoghi sacri.
Dopo il suo suicidio per amore, Sati rinacque come Parvati che significa “Figlia del monte”, decisa a riconquistare nuovamente il Signore Shiva (che significa “Benevolo, Propizio, Benefico, Amichevole”), come suo sposo. Egli però era ancora lacerato dal lutto per Sati e si era rifugiato nell’ascesi, di conseguenza non era minimamente turbato dalla somma bellezza fisica della sedicenne Parvati e dagli sforzi di lei per compiacerlo ed attirarlo.
Tuttavia era necessario che Shiva si innamorasse di Parvati per poter procreare un figlio in grado di uccidere il dèmone Taraka. Per ottenere questo, Indra il Re dei deva, incaricò Cupido di trafiggere con le sue frecce di fiori, il cuore di Shiva, per farlo innamorare. Cupido, accompagnato da sua moglie Rati che significa “Delizia, Passione d’amore” e dall’amico Madhava o Vasanta, che significa “Primavera”, si incamminò verso l’eremo Himalayano dove Shiva era immerso in meditazione. Per qualche motivo Kama (Cupido, la lussuria personificata) esitò a lanciare il suo dardo d’amore, il Signore Shiva aprì gli occhi e con lo sguardo del suo terzo occhio, incenerì Cupido.
Tuttavia in seguito Shiva diede a Cupido la benedizione di agire nel mondo persino senza un corpo fisico.

Questi che seguono sono i 5 nomi del potente deva Kama (Cupido), che incanta tutti gli esseri viventi, facendo fare loro qualsiasi cosa egli desideri:

(1) Cupido (2) Darpaka, “che previene gli eventi futuri”; (3) Ananga, “che non ha corpo fisico”; (4) Kama, ”lussuria, desiderio personificato”; (5) Pancha-sharaih, “colui che tiene 5 frecce”. Le 5 frecce con cui Cupido trafigge la mente delle entità viventi, sono: gusto, tatto, suono, olfatto e vista.

Poiché tutti i mezzi di seduzione si rivelarono inefficaci, Parvati decise di attirare (questa volta con successo), l’attenzione di Shiva praticando l’ascesi (Tapas che significa “Ardore”). Da notare come la madre di Parvati tentò di dissuadere la figlia dal dedicarsi all’ascesi, dicendole: “U maa, Oh no! Non farlo!” per questo motivo Parvati è anche conosciuta con il nome “Uma” che significa “tranquillità, luce e splendore”.

Shiva però volle metterla alla prova e le comparì davanti sotto l’aspetto di un giovane ed affascinante Brahamana che tentò di dissuaderla dal praticare Tapas al fine di ottenere in matrimonio il Signore Shiva. Parvati si mostrò sdegnata alle parole del Brahamana e fece per andarsene. A questo punto, Shiva si mostrò alla giovane ragazza con la Sua forma originale, dichiarandosi da quel momento in poi suo schiavo.
Tuttavia si rese necessario presentare al padre di Parvati, formale richiesta di sposalizio ed allo scopo vennero convocate la pesonificazione delle sette stelle dell’Orsa Maggiore che alla velocità del pensiero, raggiunsero la meravigliosa città dove risiedeva il padre di Parvati.

Questo era il modo per spostarsi: la forza del pensiero! I saggi riuniti nella foresta di Naimisharanya, impegnati in un sacrificio lungo dodici anni volto a contrastare gli effetti dell’era di Kali, furono in grado di raggiungere tutti insieme quel luogo, grazie proprio alla forza del pensiero. Nel Narada Parivrajaka (nome che indica gli asceti itineranti) Upanishad, si narra che, con la forza del pensiero tutti, compreso Narada, furono in grado di recarsi dalla foresta Naimisharanya fino a Satyaloka, il pianeta di Brahama, per porre una domanda sulla pratica della rinuncia.

Si organizzarono quindi le nozze con la tradizionale pioggia di chicchi di riso.
Al termine della cerimonia, la coppia di sposi poté finalmente trascorrere un intero mese in esuberanti giochi d’amore coniugale, preludio al concepimento di Kumara (dio della guerra) che, ancora infante, ucciderà il dèmone Taraka, ripristinando così l’ordine universale.

Secondo alcune interpretazioni, Kama venne incenerito come conseguenza per aver suscitato in Brahama il desiderio incestuoso verso la figlia. 

Morale della storia: l’universo è generato e sostenuto dall’amore, dalla meditazione e dall’ascesi (Tapas) che non ha scopi personali oltre la crescita spirituale. Infatti l’atmosfera di non violenza e di santità generata da chi è impegnato nella meditazione, si riverbera in tutti gli esseri, anche predatori, che vivono nei dintorni delle abitazioni dei meditanti.

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