Navakuvara e Manigriva, attendenti del Signore Rudra, erano i figli del tesoriere dei deva, diventati molto arroganti, grazie alla vita agiata che derivava dal loro stato di ricchezza. Nessuno può dire di possedere qualcosa, in qualsiasi mondo egli viva. Tantomeno è proprietario delle ricchezze offerte dalla provvidenza, che vanno e vengono. Anche i figli del tesoriere dei deva, gli esseri celesti, alla fine devono morire come tutti e non si portano dietro niente: soldi, fama, mogli, figli, la casa… Tutto appartiene a Dio!
La passione per Navakuvara e Manigriva era incontrollabile, bevevano vino e passeggiavano cantando con delle donne nelle vicinanze del Mandakini (il Gange che fluisce attraverso i deliziosi giardini del monte Kailasa). Entrando ubriachi nel mezzo del Gange con le fanciulle, come elefanti che si divertono con le elefantesse, vennero visti dal saggio Narada. Le ninfe celesti si rivestirono immediatamente, mentre Navakuvara e Manigriva restarono nudi al cospetto del saggio Narada, che disse loro:
Invero, nel caso di un uomo che indulge in oggetti di piacere, non c’è orgoglio peggiore di quello della ricchezza, per condurre alla perdita della ragione, in quanto con l’orgoglio della ricchezza, vengono associate invariabilmente le donne, il gioco d’azzardo ed il liquore. La povertà è la migliore salvezza per l’anima accecata dall’orgoglio della ricchezza. Soltanto un uomo povero considera gli altri esseri viventi simili al suo stesso sé. Colui che ha il piede ferito da una spina, non vorrebbe mai che un altro essere soffrisse la sua stessa agonia, avendo realizzato la similarità di tutti gli esseri viventi per quanto concerne l’esperienza del piacere e del dolore. Non è il caso di colui il cui piede non ha mai sperimentato l’effetto di una spina. Liberato da ogni forma di orgoglio, un uomo povero è privo della rigidità indotta dall’egoismo. La durezza che egli sperimenta, per volontà della provvidenza, alla fine si dimostra come una benedizione. Le anime pie che considerano tutti in modo equanime, giungono in contatto soltanto con un uomo povero e non con il ricco accecato dall’orgoglio della ricchezza. In compagnia dei santi un uomo povero abbandona la brama di denaro e tutto il resto, per dedicarsi agli scopi più nobili.
Fu così che il saggio divino Narada sparse la sua grazia su Navakuvara e Manigriva e fece in modo di trasformarli in alberi che rimangono fermi in un luogo non coperto, pur mantenedo la loro coscienza.
Il Signore Krishna, che era stato legato ad un mortaio da madre Yasoda, passò tra i due alberi ed il mortaio a cui era legato si incastrò, abbattendo i due alberi, da cui spuntarono i due figli del tesoriere celeste, ormai liberati dall’orgoglio e con la ragione ripristinata.