L’inizio della Shri Isopanishad, è una invocazione che contiene la parola “Dimahi” (io medito) del Gayatri Mantra. Essendo in assoluto l’unico verso in sanscrito che ho imparato a memoria, lo ritengo di fondamentale importanza per una comprensione ampia:
“Dio, la Persona Suprema, è il Tutto completo e assoluto e poiché la Sua perfezione è totale, tutto ciò che emana da Lui, come il mondo fenomenico, costituisce ugualmete una totalità completa in sé stessa. Tutto ciò che proviene dal Tutto è un tutto in sé e poiché Dio è assoluto, Egli rimane il Tutto completo, anche se innumerevoli unità, anch’esse complete, emanano da Lui.”
Sono da sempre astigmatico ed anche un po’ miope. Con l’età è arrivata anche la presbiopia. Com’è logico che sia, mi sono procurato delle lenti con cui migliorare la mia visione. Non sono andato da un ottico optometrico ma mi sono rivolto ai saggi del passato, per guadagnare almeno parzialmente, la loro visione. Non riesco a vedere come loro vedevano, solo ombre, riflessi di luce, ma grazie a quelle lenti divine (i Veda), la mia visione è notevolmente migliorata. Forse è per questo che ho preso nascita in questa era di Kali, dove bastano delle lenti per conquistare una visione unitaria senza sforzo, a differenza delle ere precedenti dove lo sforzo era notevole. In Kaliyuga i sentieri della virtù indicati dai Veda vengono distrutti dalle false teorie degli eretici, quindi bisogna ricorrere alle medicine appropriate.
Tutto il creato collabora per il bene degli altri, nulla è superfluo od inutile. Come il fuoco che produce fumo, rimane puro in sé, benché bruci anche sostanze impure, così non esiste nulla che sia impuro in sé. Dio risiede fuori e nel cuore di ogni essere e da lì ne dirige l’errare, come potrebbe esistere qualcosa di impuro o di inutile? Forse non tutti sanno che Cleopatra dichiarò sacri i lombrichi (esseri meravigliosi) perché, con il loro scavare, rendono fertile la terra. Gli alberi che offrono riparo agli uccelli e donano sollievo con la loro ombra, con i loro frutti gustati da tutti, con il loro legno che permette al sacro fuoco di ardere. Gli insetti che trasportano il polline, i necrofagi che ripuliscono l’ambiente dai cadaveri. Tutte le caratteristiche degli esseri, sono predisposte al bene altrui, al funzionamento armonioso del creato. Persino le montagne, se pur immobili, fanno il bene altrui, con le loro sorgenti, i loro fiumi, le loro caverne, la protezione dai venti etc. Questo è il frutto della nascita delle creature incarnate in questo mondo, che faciano costantemente il bene degli altri esseri incarnati attraverso la loro vita, la loro ricchezza, il loro intelletto e la loro parola.
In effetti ogni essere creato è schiavo della sua natura e segue le sue naturali disposizioni. Per il karma un’anima assume forme corporee alte e basse e le abbandona. Ma noi siamo al di là della materia, delle influeze di virtù, passione e ignoranza. Non abbiamo nulla a che spartire con la natura materiale grossolana o sottile che sia.
Krishna disse alle Gopi (le pastorelle di Vrindavana) che coloro che si amano l’un l’altro realmente amano il loro Sé e nessun altro. Coloro che amano persino coloro che non li amano, sono compassionevoli. Qualcuno non ama nemmeno coloro che li amano, tantomeno coloro che non li amano. Essi sono invero saggi che riposano nel loro Sé o coloro che hanno realizzato la loro ambizione e sono perciò liberi da ogni brama o idioti che sono incapaci di apprezzare il bene fatto a loro o gente ingrata che nutre inimicizia per i loro benefattori.
Leggendo lo Srimad Bhagavatam, si vengono a sapere cose che un tempo erano segrete e riservate ai discepoli amorevoli. Ad esempio di quando i pastorelli decisero di sedersi in cerchio per pranzare con il Signore Krishna. I vitelli vennero lasciati liberi di bere acqua e di pascolare e si allontanarono nei boschi. Quando i pastorelli si accorsero della scomparsa dei loro vitelli, furono molto preoccupati. Il Signore Krishna li rassicurò invitandoli a continuare a mangiare, che Lui sarebbe andato a recuperare il bestiame dai boschi. Brahama, aveva portato lontano i vitelli e poi anche i ragazzi, al fine di scorgere la gloria del Signore che era apparso come un bambino attraverso la Sua Maya. Non riuscendo a trovare i vitelli, il Signore Krishna ritornò dai pastorelli e si accorse che nemmeno loro erano più nel luogo dove avevano consumato il pranzo insieme. Al fine di portare delizia alle loro madri ed anche a Brahama, il Signore Krishna apparve come entrambi: vitelli e ragazzi. La concretizzazione del detto vedico che ogni cosa consiste in Vishnu!
Il Signore Krishna era apparso come i molti, nello stesso numero dei vitelli e dei ragazzi, tutti perfettamente uguali a prima. Le loro madri li abbracciarono e diedero loro il latte che sgorgava copioso dai loro seni, per affetto materno, benché i ragazzi fossero stati da lungo tempo svezzati.
Anche le mucche, ritornando nelle loro stalle, allattarono i loro vitelli.
La cura materna delle mucche e delle madri dei ragazzi, era la stessa di prima ma accresciuta immensamente perché, pur non sapendolo, quei ragazzi e quei vitelli erano Krishna stesso. Tutto questo andò avanti per un anno intero.
Quando mancavano solamente cinque o sei notti al compimento di un anno, Krishna e Balarama entrarono nella foresta con i vitelli al pascolo.
Dalla cima della collina Govardhana, le mucche videro i vitelli che pascolavano, molto lontano da quella cima. La mandria corse al galoppo muggendo e ignorando i loro guardiani ed il difficile sentiero, con le code e le teste erette. Avvicinando i vitelli ai piedi della collina Govardhana, le mucche li allattarono e li leccarono dall’amore che provavano per loro.
Brahama li vide tutti identici all’Infinito Assoluto. Guardandosi attorno in ogni direzione, egli vide di fronte a sé Vrindavana, piena di alberi che servivano come mezzi di sussistenza per le persone e, in mezzo a vari oggetti, c’erano creature che portavano naturale ed inveterata inimicizia, come gli esseri umani e le bestie carnivore, che vivevano insieme come amici e dai quali l’ira e la sete di piaceri era scomparsa.